Se non vuoi adottare uno dei tanti cani o gatti ospitati nei canili/gattili e decidi di acquistarne uno, almeno accertati di rivolgerti a allevatori seri.
Prima di affrontare il problema del pedigree, vediamo infatti a chi affidarsi per l’acquisto di un animale. Chi è interessato a un cane o un gatto di particolare specie o razza di solito si rivolge agli allevatori. Alcuni di questi svolgono l’attività in modo professionale, altri invece in modo amatoriale. Non vi è alcuna differenza tra le due situazioni se non il regime fiscale a cui l’esercente è tenuto. Per il compratore, dunque, non ci sono sostanziali vantaggi o svantaggi nell’acquistare dall’uno o dall’altro venditore. Sia l’allevamento amatoriale che quello professionale sono tenuti a dover rispettare le stesse garanzie sanitarie, di salute dell’animale e di tracciabilità.
In generale è sempre bene acquistare da chi ha referenze, eventualmente ricercandole su internet. Riguardo a cani e gatti si può consultare il sito dell’Enci (Ente nazionale della cinofilia italiana, www.enci.it) o della Fiaf (Federazione italiana associazioni feline, www.fiafonline.it).
Veniamo al pedigree. Il pedigree è l’unico documento che certifica con certezza l’appartenenza del cane o del gatto a una determinata razza. Esso inoltre attesta l’iscrizione al libro genealogico delle razze.
L’acquirente che intende acquistare un cane o un gatto di razza deve sempre chiedere il pedigree all’allevatore o al negoziane che è tenuto a fornirglielo. Con tale documento viene ufficialmente certificata l’appartenenza di un cane ad una determinata razza riconosciuta e indica le discendenze del cucciolo (genitori, nonni, bisnonni, trisnonni).
L’allevatore e il venditore non possono vendere un animale di razza senza pedigree. In particolare l’allevatore ha un obbligo etico di iscrivere i cuccioli appena nati al Roi (Registro origine italiano) al fine di ottenere il pedigree.
Attenzione ai prezzi troppo bassi. Quando un allevatore o un venditore promette un cucciolo ad un prezzo notevolmente più basso rispetto a quello di mercato potrebbe trattarsi di un animale di provenienza illecita, ossia di contrabbando. La legge vieta questi comportamenti introducendo un apposito reato: quello di traffico illecito di animali da compagnia [ART. 4 L n. 201/2010]. In particolare si stabilisce che:
«Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, reiteratamente o tramite attività organizzate, introduce nel territorio nazionale animali da compagnia di cui all’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi di sistemi per l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale, é punito con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000».
Le sanzioni non sono solo per il venditore ma anche per il compratore. Questi infatti rischia una incriminazione per il reato di incauto acquisto. Il codice penale stabilisce a riguardo [art. 712 codice penale]:
«Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda non inferiore a euro 10».